martedì 20 febbraio 2018

bitcoin


Il lato oscuro del bitcoin, il cui valore è schizzato alle stelle (7.600 dollari l’uno), non è solo il fatto che, come ha spiegato Federico Fubini sul Corriere, «la criptomoneta ha caratteristiche che la rendono quasi perfetta per sostituire nell’era digitale i paradisi fiscali del ‘900». C’è anche un costo ambientale. Perché il meccanismo che consente la creazione dei bitcoin (il cosiddetto mining), consuma un’enorme, e crescente, quantità di energia elettrica. Servono infatti computer sempre più potenti per risolvere i complicatissimi calcoli crittografici necessari a inserire le transazioni nella blockchain, la sorta di gigantesco registro digitale su cui la criptomoneta si fonda (i miners che risolvono i calcoli vengono per l’appunto ricompensati in bitcoin).
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... a partire dai dati raccolti dall’analista Alex de Vries, «per come sono i prezzi, i miner di Bitcoin utilizzeranno oltre 24 terawattora di elettricità all’anno». Per fare un paragone, l’industria dei bitcoin, per come è messa ora, è destinata a consumare in un anno un quantitativo di energia pari a quello consumato dalla Nigeria nello stesso lasso di tempo.
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Questa attività di mining, però, implica un'elevata potenza di calcolo che comporta anche un alto dispendio energetico. Per questo motivo in molti hanno puntato il dito contro questa moneta elettronica, accusandola di consumare più elettricità che molti paesi del mondo, come il Marocco o l'’Irlanda, e di avere, quindi, un impatto ambientale poco sostenibile.
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