Lo scorso 25 novembre, senza troppi clamori, l’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha adottato dopo tre anni di lavoro il primo testo mondiale sull’etica dell’«intelligenza artificiale», intesa da un lato come opportunità per i «grandi servizi» che può rendere «all’umanità», ma dall’altro come problema per il permanere di «preoccupazioni etiche di fondo», come si legge nel preambolo alla Raccomandazione di 28 pagine, ratificata dai 193 Paesi membri.
In particolare, «c’è la necessità di assicurare la trasparenza e l’intelligibilità del funzionamento degli algoritmi e dei dati a partire dai quali sono stati calcolati», poiché questi potrebbero influire sui «diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, l’eguaglianza dei generi, la democrazia». La posta in gioco è alta e la materia particolarmente delicata non per un futuro prossimo venturo, bensì oggi, anzi già ieri, come provano riconoscimento facciale e assistente vocale dei cellulari, che da tempo sono realtà.
Non era necessario nemmeno aspettare Facebook per poter entrare nel nuovo Metaverso e vedere in azione il primo sistema operativo d’intelligenza artificiale, un’entità intuitiva in grado di ascoltare, di capire e di conoscere, che va oltre Alexa, Siri ed oltre l’assistente di Google. Ci troviamo immersi in una realtà virtuale posta in un ambiente 3D appositamente generato, finora limitato solo da questioni tecniche: sono richiesti larghezze di banda elevate e latenze estremamente basse per il trasferimento dei dati, nonché un modello persistente dell’ambiente per contenere elementi reali e simulati. Ma si è comunque ormai ad un passo dalla piena fruizione di questa nuova, immensa piattaforma digitale.
A mettere però in guardia dalle potenzialità del settore sono in molti: tra questi, il dottor Philippe Guillemant, fisico e ingegnere ricercatore presso il Cnrs, il Centro nazionale di ricerca scientifica di Marsiglia, uno dei primi specialisti al mondo in intelligenza artificiale e per questo pluripremiato. Nelle sue pubblicazioni ha evidenziato non solo come le tecnologie di controllo siano divenute predominanti sul mercato in termini di domanda e di offerta, ma anche come il tracciamento umano sia ormai realtà, consentendo non a persone, bensì a semplici programmi di monitorare chiunque in qualsiasi momento o periodo. In particolare, un’affermazione del dottor Guillemant, ripresa dall’agenzia Médias-Presse-Info, suscita più di un interrogativo: «Coloro che sono a favore delle mascherine obbligatorie sottovalutano molto il fatto che esse siano un preludio alla vaccinazione, che a sua volta è un preludio all’identificazione digitale e poi al tracciamento umano, naturale conseguenza prima di giungere in poco tempo all’era del transumanesimo, preparata dall’analisi in tempo reale di tutti i nostri gesti, azioni, spostamenti e incontri. Ora questa prospettiva è, a mio parere, molto più grave di qualsiasi bomba atomica o guerra mondiale». E allora qui il discorso si complica.
In un libro a più mani, Bas les masques (Giù le maschere), l’ing. Guillemant entra ancor più nello specifico: «L’obbligo di portare un libretto di vaccinazione digitalizzato per potersi spostare sarà la porta d’accesso nel transumanesimo, poiché imporrà il tracciamento umano. Il grande lusso del futuro, cui solo i più ricchi avranno accesso, sarà appunto quello di sfuggire a tale tracciamento. Il rischio rappresentato dalla vaccinazione in termini di salute non è nulla rispetto al rischio rappresentato dalla prova dell’avvenuta vaccinazione in termini di libertà e di integrità umana. A Bill Gates e Mark Zuckerberg non importa nulla del primo rischio [quello sanitario], perché a loro interessa farci accettare il secondo, che va ad arricchire il loro business in un modo inimmaginabile». Diversamente perché «i più accaniti difensori della vaccinazione sono i potenti uomini d’affari dell’informatica e non i medici?».
In tale ottica non stupiscono più le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, rilasciate nel corso di una recente intervista al quotidiano Repubblica: «Super green pass e mascherina vanno conservati anche dopo il 31 marzo», ha detto. Ma va in questa direzione anche la ferocia con cui il primo ministro canadese Justin Trudeau lo scorso 14 febbraio, nel corso di una conferenza stampa, ha minacciato letteralmente di congelare i conti bancari dei camionisti accampati in piazza del Parlamento a Ottawa, per protestare contro il green pass. Il governo canadese, lo stesso che si vanta di essere inclusivo con tutti, Lgbt in testa, ha mostrato il proprio reale volto con questa riproposizione del «credito sociale alla cinese». Trudeau ha negato di voler «sospendere i diritti fondamentali» e di aver oltrepassato quanto previsto dalla «Carta dei diritti e delle libertà», come proverebbe - dice - il fatto di non aver limitato «la libertà di parola» ed «il diritto di assemblea pubblica»: ma è proprio sicuro che prender questa gente per fame sia costituzionale e legittimo?
Il vice di Trudeau, Chrystia Freeland, ha annunciato di voler non solo congelare i conti bancari personali, ma di sospendere persino l’assicurazione dell’auto di chiunque risulti collegato alle proteste, anche senza attendere l’ordine di un tribunale, appellandosi alla sola legge sulle misure d’urgenza introdotta ufficialmente per fronteggiare la pandemia. Tutto, pur di mantenere in vigore il green pass: pare ovvio come la posta in palio, a questo punto, vada oltre la stessa emergenza sanitaria e come le affermazioni dell’ing. Guillemant non siano campate per aria.
Uno studio pubblicato tre anni fa dagli scienziati dell’UCSF, l’Università della California San Francisco, finanziati da Facebook, già confermava la possibilità di creare un’interfaccia cervello-computer, in grado di trasmettere l’attività dei neuroni alla macchina mediante specifici impianti. Il passo successivo? Sostituire gli impianti con un paio di comodissimi occhiali a realtà aumentata, dotati di appositi sensori e controllati dal pensiero. Tutto questo viene presentato ovviamente come un bene: si sostiene di voler ridare così la parola ai muti per paralisi, lesioni del midollo spinale o malattie neurodegenerative. E anche Elon Musk con una delle sue aziende, Neuralink, porta avanti un’analoga progettualità: dice di farlo per contrastare alcune patologie, che colpiscono cervello e midollo. Propone un chip con fili ultrasottili, che un’apposita macchina può impiantare nel cervello per creare un’interfaccia totale, una simbiosi di fatto con l’intelligenza artificiale. Il rischio, però, che un giorno l’intelligenza artificiale possa interferire o addirittura dominare i corpi collegati è più di un’ipotesi.
È dunque già oggi troppo tardi, per cercare di contenere il processo in atto? Possono blandi documenti e proclami etici costituire un reale problema, per chi intenda sfruttare queste nuove tecnologie a proprio vantaggio? È fuor di dubbio quanto importante sia cominciare a porsi queste domande…
Fonte: https://lanuovabq.it/it/green-pass-il-passepartout-del-transumanesimo
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